Attualmente i cementi vetro-ionomerici e le resine composite vengono considerati i principali materiali sigillanti. Molti studi non incoraggiano l’utilizzo dei cementi vetro-ionomerici a causa della minor ritenzione in confronto alle resine composite ma rimane ancora equivoco quale dei due materiali sia più efficace nella prevenzione della carie.
I cementi vetro-ionomerici
Questo tipo di materiale è caratterizzato dal rilascio di fluoro sulla superficie dello smalto ed ha proprietà adesive sulla dentina. Alla fine degli anni Ottanta sono stati introdotti i cementi vetro-ionomerici modificati con Bis-GMA (fotoattivati), che alle proprietà dei cementi tradizionali uniscono la praticità e la velocità dell’attivazione mediante luce alogena. Per questo tipo di cementi, la reazione di presa è duplice: il tradizionale meccanismo di reazione acido-base e la polimerizzazione indotta dall’esposizione alla luce alogena. Grazie a quest’ultima, i tempi di presa risultano inferiori, con indubbi vantaggi per il protocollo operativo. I cementi vetro-ionomerici non possiedono quindi le caratteristiche estetiche dei compositi e neanche la loro resistenza all’abrasione, con una conseguente breve durata nel tempo. Inoltre sono fragili e tendono a fratturarsi esponendo all’ambiente orale le porzioni sottostanti non sigillate di solchi e fossette.
Le resine composite
I compositi, o resine composite, sono dei biomateriali costituiti da tre fasi distinte: una fase organica (matrice); una fase intermedia (agente legante); una fase dispersa (filler o riempitivo). Nella maggior parte dei compositi, la matrice organica è costituita dalla resina di Bowen o Bis-GMA a base di bisfenolo A-glicidilmetacrilato.
I compositi differiscono tra loro soprattutto per il tipo di riempitivo, per le dimensioni delle particelle e per la percentuale di questo riempitivo presente nel composito. I riempitivi sono costituiti da particelle inorganiche provenienti da cristalli di quarzo, vetro borosilicato, vetro di bario, parti colloidali, silicato di bario, silicato di stronzio e alluminio, fluoruro di calcio.
Il filler ha la funzione di rendere più resistente la resina e contemporaneamente ne riduce il coefficiente di espansione termica. Più elevata è la percentuale di filler, minore è la contrazione. Attualmente le dimensioni di queste particelle variano da circa 0,02 μm fino a 2-5 μm.
I compositi tradizionali non sono dei buoni sigillanti, perché non penetrano facilmente nei solchi e nelle fossette a causa della loro viscosità relativamente elevata. Pertanto è richiesto l’utilizzo di resine composite ad elevata fluidità (flowable). Questi materiali sono costituiti dalle stesse particelle utilizzate nei compositi tradizionali, ma di dimensioni più piccole (circa 0,16 μm) e con un contenuto di riempitivo ridotto, che provvede ad abbassare il loro grado di viscosità. Il loro minor contenuto di riempitivo determina però proprietà meccaniche inferiori ed una contrazione da polimerizzazione più alta se paragonati ai compositi tradizionali.
I sigillanti
La composizione dei primi sigillanti era a base di metilmetacrilato o di cianoacrilato. La maggior parte dei prodotti attuali non contiene riempitivi (o solo in modesta quantità) ed è composta da monomeri bifunzionali come quelli che costituiscono la matrice dei compositi. Il monomero principale presente in questi materiali è stato ampiamente sostituito dal Bis-GMA. Il monomero principale può essere diluito con unità con peso molecolare più basso come il TEGDMA o l’UDMA. L’aggiunta di piccole quantità di colorante conferisce al sigillante un aspetto leggermente diverso da quello dello smalto, rendendolo più facilmente visibile nei controlli periodici.
I materiali fotopolimerizzabili sono più semplici da usare rispetto a quelli autopolimerizzabili poiché possono essere applicati e lasciati scorrere per un periodo più adeguato prima di sottoporli alla luce per la polimerizzazione.